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Contro i dazi non bastano i sussidi


Trump, l’Europa, l’Italia. Il presidente di Confindustria propone qualcosa che è già accaduto durante il Covid, cioè sussidiare le imprese a carico dello stato. Ma qualcosa non torna nelle sue richieste al governo


Reduce dal congresso della Lega il presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera. Che ha utilizzato per avanzare pubblicamente la proposta da sottoporre nei prossimi giorni alla premier Giorgia Meloni. Nella sostanza Orsini propone qualcosa che è già accaduto sotto il Covid, ovvero di sussidiare le imprese, in questo caso colpite dai dazi di Trump, a carico dello stato. Il presidente degli industriali ha già individuato i capitoli a cui attingere che sarebbero la dotazione non usata di Transizione 5.0, i fondi del Pnrr e quelli per la coesione. Per lui siamo di fronte a nuova emergenza che va tamponata hic et nunc, senza tanti discorsi, copiando la Spagna. Il governo iberico ha lanciato nei giorni scorsi un piano di oltre 14 miliardi tra prestiti e sovvenzioni all’export e un intervento contro i licenziamenti. Orsini ha parlato solo di finanziamenti incentivati addirittura al 30 per cento. Insomma, la Confindustria di fronte al bailamme che sta rivoltando mercati finanziari ed economia reale ha trovato una scorciatoia e il presidente l’ha illuminata.

Ma è davvero così? Si può pensare che davanti alle novità che stanno ridisegnando il volto dell’economia e della geopolitica degli anni Venti si possa imboccare il viottolo più facile e scontato? Il ministro Giancarlo Giorgetti aveva già fatto sapere, di suo, che l’azione del dicastero che dirige ha le mani legate da vincoli “che non posso ignorare” indicando così chiaramente la differenza tra noi e la Spagna. Ovvero il famigerato peso del debito. Per gli industriali questo vincolo non conta? La maggiore associazione degli imprenditori italiani può a questo punto essere così timida nell’individuare soluzioni dal chiedere una sorta di simil-bonus per le imprese? Molto c’è da discutere e da capire su quali indirizzi stia prendendo l’economia globale, su quali azioni non masochistiche Bruxelles può prendere nei confronti di Trump, su come diversificare i paesi di esportazione in tempi utili e, non ultimo, su come si possa rafforzare il mercato interno italiano in chiave di compensazione al minor export. E’ a questi ragionamenti che attendiamo la classe dirigente industriale.





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