La sostenibilità rappresenta un valore fondamentale per il Gruppo Crédit Agricole ed è parte integrante del suo DNA. Un impegno che ha preso il via nel 2003, con l’adesione al Global Compact delle Nazioni Unite, e che si è consolidato nel tempo attraverso tappe fondamentali: dalla firma dei Principles for Responsible Investment (2006) alla collaborazione alla stesura dei Green Bond Principles (2014), fino alla sottoscrizione dell’Accordo di Parigi sul Clima (2015), alla firma dei Principles for Responsible Banking delle Nazioni Unite (2019) e all’adesione alla Net Zero Banking Alliance (2021). Crédit Agricole è il primo finanziatore dell’economia francese e un attore chiave nella transizione energetica, oltre a essere stata la prima banca al mondo a impegnarsi a uscire dal finanziamento del carbone termico entro il 2030.
Responsabilità ambientale, inclusione sociale e governance sono i cardini della strategia ESG del gruppo che in Italia affonda le sue radici dall’acquisizione di Cariparma poi sviluppata attraverso diverse operazioni di crescita mirate. “La compliance normativa rappresenta un punto di partenza e non di arrivo” dichiara Elisa Dellarosa, Head of Sustainability and Corporate Governance, Crédit Agricole Italia, in questa intervista a ESGnews, “L’impegno è quello di anticipare i requisiti di legge perché la sostenibilità deve essere vista come un elemento per garantire la competitività delle aziende e non una mera compliance”. Un approccio che si traduce concretamente in due pilastri progettuali: accompagnare i clienti nella transizione climatica ed energetica e promuovere l’inclusione e la coesione sociale.
Perché i dati di sostenibilità delle aziende sono diventati importanti per una banca come la vostra?
La partita della sostenibilità si gioca sui dati. L’intero sistema finanziario è impegnato nella costruzione di nuovi modelli di raccolta, integrazione e valorizzazione delle informazioni sui profili ESG dei clienti.
Spesso i dati sul posizionamento di sostenibilità delle imprese sono scarsi, frammentati, approssimati, senza profondità storica: occorre dunque curare attività di collection e di assessment, soprattutto a sostegno delle PMI che hanno una forte presenza nel settore agroalimentare.
Per Crédit Agricole la creazione di un solido framework di dati ESG risponde ad esigenze di compliance e di gestione dei rischi, ma soprattutto alla volontà della banca di proporre alle imprese le soluzioni più adeguate per affrontare le sfide della transizione ambientale e sociale.
Per Crédit Agricole l’arricchimento del patrimonio informativo sulle imprese è fondamentale per elaborare progetti di accompagnamento che comprendono l’offerta di strumenti di finanza sostenibile e la consulenza dedicata sui percorsi di transizione.
Oltre a ciò, la disponibilità e la qualità dei dati consente, naturalmente, il puntuale adempimento degli obblighi di disclosure attraverso il nostro Bilancio CSRD e le comunicazioni al mercato mediante gli indicatori di Pillar3 ESG.
In che modo integrate i dati ESG nei vostri processi di valutazione del merito creditizio e nella concessione dei finanziamenti?
Sostenibilità significa creazione di valore e un buon posizionamento ESG concorre ad aumentare le performance delle imprese. I dati dimostrano che le aziende virtuose sulla sostenibilità registrano una probabilità di default inferiore alla media, beneficiandone così in termini di solvibilità, profittabilità e reputation.
Per questo riteniamo sia fondamentale evolvere il sistema di valutazione del merito creditizio per tenere conto dei fattori ESG, come partner di fiducia delle imprese nei percorsi di transizione per valorizzarne le potenzialità e mantenere un buon presidio dei rischi climatici e ambientali.
L’integrazione dei dati nel processo di concessione del credito segue l’experience del cliente e successivamente l’analisi svolta dalla banca. Il dialogo fra banca e impresa è importantissimo per costruire una relazione di lungo periodo, raccogliere e mettere in valore le informazioni sui profili ESG, programmare e realizzare insieme le fasi della transizione.
Le fonti dei dati sono diverse: ovviamente le informazioni più preziose vengono raccolte dal cliente, abbiamo inoltre i flussi informativi acquisiti dai provider, l’accesso ad archivi pubblici e la rielaborazione dei dati già in possesso della banca.
Abbiamo creato piattaforme ed engagement tools per agevolare il dialogo con le imprese e svolgere l’analisi del loro posizionamento ESG. Il nostro modello prevede la generazione di score ESG mediante sistemi di calcolo calibrati sulla dimensione, tipologia e settore della controparte, che tengono conto degli items ambientali, sociali e di governance. In questo modo rileviamo la potenziale esposizione dell’impresa ai rischi climatici, i diversi KPI di sostenibilità e un indice di priorità verso la transizione.
Nelle valutazioni svolte assume rilevanza l’impronta ambientale del cliente rispetto agli obiettivi di EU Taxonomy e, in particolare, il livello delle emissioni di gas serra lungo la catena del valore, in coerenza con gli impegni di decarbonizzazione che Crédit Agricole ha assunto per NZBA e le azioni di accompagnamento del cliente verso la neutralità carbonica.
I documenti più importanti alla base del dialogo con l’impresa, se redatti, sono il suo rendiconto di sostenibilità (DNF o CSRD) e il piano di transizione. Qualora il cliente sia all’inizio del percorso ESG viene accompagnato dalla banca e dai nostri partner nella programmazione finanziaria, gestionale e anche nella redazione del transition plan.
Nel mondo dell’agri-food giocano un ruolo chiave le collaborazioni di filiera, dunque anche nella raccolta dei dati possono essere attivati meccanismi virtuosi per condividere capitale informativo.
Quanto influisce una buona performance ESG sulla definizione delle condizioni finanziarie offerte a un’azienda (tassi, accesso al credito, rating interni)?
La scelta della sostenibilità crea valore per l’impresa nel medio-lungo termine.
Gli interventi di transizione ESG implicano investimenti e costi di implementazione in una fase iniziale e mostrano ritorni fortemente positivi in orizzonte temporale più ampio, se realizzati in maniera organica e strutturale.
La competitività del settore agroalimentare passa attraverso una maggiore sostenibilità delle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo, in un quadro in cui sono diventati centrali la riduzione dell’impatto ambientale, l’utilizzo attento delle risorse, la riduzione degli sprechi e l’economia circolare, la salute e il benessere umano.
L’impresa con buone performance ESG, soprattutto nel settore agroalimentare, riesce dunque ad intercettare le costanti evoluzioni della domanda, ampliare le quote di mercato, rafforzare il proprio ruolo nella filiera, aumentare la fiducia nel brand, acquisire e trattenere risorse umane di talento, costruire relazioni profonde con gli stakeholder.
Siamo convinti che le nuove logiche della concessione del credito debbano tenere conto di questi elementi ESG, anche e soprattutto come premialità per l’impresa. In particolare, una buona performance di sostenibilità incide su:
- determinazione dell’importo in concessione, tenuto conto dei rischi cui l’impresa si espone (maggior accesso al credito)
- iter della concessione e meccanismi decisionali (tempi di risposta più rapidi)
- tipologia e condizioni del finanziamento (accesso a strumenti dedicati per la transizione)
- misure di sostegno abbinate (accesso accompagnato a incentivi, garanzie pubbliche, PNRR)
- tasso applicato al finanziamento, con agevolazioni legate a indicatori di performance ESG o a criteri di allineamento alla Tassonomia europea (ESG Linked Loan, Sustainable Linked Loan, Green Loan).
E’ evidente che un buon posizionamento ESG ridisegna completamente le logiche creditizie, con vantaggi per l’impresa e un nuovo modello di business per la banca.
I dati di sostenibilità vi aiutano anche nella gestione dei rischi? Se sì, in che modo?
Le banche sono chiamate a rafforzare il sistema di gestione dei rischi climatici e ambientali a fronte delle rapide evoluzioni di contesto. Fra i temi principali ricordiamo il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’inquinamento, l’uso delle risorse idriche e marine, la necessità della transizione ad un’economia circolare.
La banca misura i rischi legati a questi ambiti analizzando l’esposizione dei clienti finanziati, con l’obiettivo di identificare le minacce cui sono esposte le imprese e proporre soluzioni di protezione e adattamento.
Considerata l’eterogeneità e la complessità delle filiere agroalimentari, a seconda del settore, ciascuno di questi temi può avere grande rilevanza, dunque la disponibilità di dati è indispensabile per misurare e gestire i rischi.
Si pensi al climate change e alla forte esposizione delle fasi primarie di coltivazione e allevamento agli eventi climatici. Il rischio climatico fisico è una grave minaccia all’agri-ecosistema, poiché può causare danni ai siti di produzione, agli impianti e ai beni mobili e immobili su tutta la filiera, con deterioramento della solvibilità delle imprese e del valore delle garanzie acquisite dalla banca.
Il settore agroalimentare subisce gli effetti del climate change, con alterazione di cicli produttivi e diminuzione delle rese di piante e animali, ma al tempo stesso è anche parte attiva del processo, poiché immette in atmosfera gas climalteranti, soprattutto con allevamenti zootecnici e impianti di trasformazione.
Stessa considerazione si può fare sulla biodiversità, poiché l’agri-food subisce i danni derivanti dal degrado degli ecosistemi, ma allo stesso modo può essere causa dell’impoverimento degli habitat e del suolo provocato da agricoltura intensiva, sovrapesca, pratiche non sostenibili.
Non dobbiamo poi dimenticare il rischio climatico di transizione, ossia la necessità delle imprese di adeguarsi ai cambiamenti della domanda, delle tecnologie e soprattutto della normativa di riferimento. Il settore agro alimentare è interessato da una matrice di regole molto complesse, che rientrano nella strategia europea del Green Deal e del Farm to Fork: solo per citarne alcune ricordiamo l’utilizzo dei pesticidi, il benessere animale, la trasparenza di filiera, la tracciabilità e l’etichettatura dei prodotti, il packaging sostenibile, la gestione degli scarti in chiave di economia circolare. L’impresa che non si adegua rischia di perdere competitività ed essere marginalizzata.
Ancora una volta, dunque, per la banca è importante avere un quadro informativo chiaro e completo al fine di comprendere il posizionamento dell’azienda rispetto ai macro trend della sostenibilità e agli ambiti di rischio cui è esposta, così da poter programmare insieme il viaggio della transizione ESG.
Notate una maggiore richiesta di supporto da parte delle imprese nella raccolta e nella rendicontazione dei dati ESG? Offrite servizi in questo ambito?
La Direttiva Omnibus ha mitigato gli oneri di disclosure a carico delle aziende, esonerando le PMI dagli obblighi di rendicontazione di sostenibilità. Questo ha aperto una fase di riflessione da parte delle aziende per comprendere come posizionarsi anche in ambito di filiera.
Siamo convinti che l’attività di raccolta dati e rendicontazione sia importantissima per l’impresa, perché è un esercizio di auto-analisi che permette di verificare e definire le politiche ESG, rafforzare la cultura aziendale e l’assetto organizzativo, evolvere la governance verso obiettivi di sostenibilità.
Rendicontare significa misurare e misurare significa progredire. La rendicontazione non è un’autodenuncia, ma un atto di trasparenza che aumenta la reputation e la credibilità dell’impresa verso i clienti, l’intera filiera e le banche.
Per questo Crédit Agricole fornisce il massimo supporto alle aziende per svolgere l’assessment ESG attraverso il lavoro di consulenti specializzati e mettendo a disposizione strumenti dedicati. Offriamo soluzioni innovative e tools personalizzati per la raccolta dei dati, in particolare sul settore agricolo, e gestiamo la relazione con i clienti attraverso interviste in cui stiamo integrando il nuovo standard EFRAG della Voluntary Disclosure per le PMI.
Nel settore agri-food riscontriamo esigenze di supporto da parte delle imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione, anche per rispondere alle richieste della grande distribuzione e dei trend di consumo, divenuti oggi molto sensibili sui temi della qualità, sicurezza, tracciabilità del prodotto, salute e benessere, riduzione dell’impatto ambientale.
In ultimo, attraverso la rete dei nostri acceleratori di start up “Le Village” offriamo software e percorsi per la rendicontazione e miglioramento delle performance ESG.
Quali sono le specificità del settore agroalimentare che monitorate con più attenzione?
Crédit Agricole si distingue per il suo impegno a sostegno del settore agricolo e per la filosofia di accompagnamento di tutte le imprese nella transizione ambientale e sociale. La sostenibilità è integrata nel nostro modello di business e nel nostro purpose “agire ogni giorno nell’interesse del cliente e della comunità”.
Per questo, anche se la sostenibilità è al centro del dibattito internazionale e l’ESG è diventato un tema talora divisivo, Crédit Agricole conferma la propria strategia ambientale e sociale, lavorando ogni giorno a fianco degli imprenditori per rendere il sistema industriale italiano competitivo e resiliente, guidando percorsi di crescita sostenibile nel lungo termine.
Il settore agro-alimentare fronteggia sfide importanti che vediamo intrecciate soprattutto con i temi della sostenibilità, dell’innovazione tecnologica, del ricambio generazionale alla guida delle imprese, delle politiche nazionali di incentivazione.
L’estrema articolazione delle filiere ci induce a monitorare con attenzione l’esposizione del settore ai rischi climatici e di transizione. Sosteniamo i più importanti distretti agro alimentari in Italia, fra cui Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Sicilia, che sono assai esposti ai rischi fisici acuti e cronici (ondate di calore, inondazioni, alluvioni, tempeste, siccità).
Abbiamo avviato l’analisi degli impatti della perdita di biodiversità e stiamo promuovendo l’accompagnamento delle imprese per adottare pratiche di agricoltura sostenibile, che mira a preservare le risorse ambientali, sostenere le comunità e garantire la redditività a lungo termine. Finanziamo l’agricoltura biologica come vettore per difendere gli ecosistemi, l’utilizzo responsabile delle risorse idriche e il recupero degli scarti. In questo ambito siamo fortemente impegnati sull’integrazione fra produzione primaria ed energie rinnovabili fra cui biogas.
Riteniamo che l’innovazione tecnologica e organizzativa sia un fattore chiave per l’agrifood italiano. Sosteniamo l’introduzione di sistemi agritech, attraverso partnership e forme di finanziamento per accompagnare le imprese nella digitalizzazione e nel passaggio all’agricoltura di precisione, per gestire in maniera mirata l’irrigazione, i trattamenti fitosanitari, le concimazioni.
Seguiamo con attenzione l’evoluzione delle normative nazionali sul carbon farming, per promuovere forme di agricoltura conservativa per la tutela e gestione del suolo e per il sequestro e lo stoccaggio del carbonio.
Siamo tutti chiamati a passare ad un’economia agroalimentare circolare e l’intera filiera del food system sta ripensando comportamenti di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo. Per questo guardiamo con interesse alle normative sull’economia circolare e sosteniamo interventi per combattere il food lost and waste, l’acquisizione di certificazioni, l’evoluzione dei modelli in chiave life cycle assessment; in questo quadro riteniamo molto sensibili tematiche come la Dichiarazione Ambientale di Prodotto.
Anche la trasparenza e la sicurezza delle filiere agroalimentari sono temi che riteniamo importanti e su cui abbiamo messo in campo iniziative che valorizzano la tecnologia digitale della blockchain grazie alle start up dei nostri Village.
Qual è il livello di preparazione alla gestione e rendicontazione dei dati ESG che riscontrate nelle aziende del settore food?
Sebbene il comparto sia caratterizzato da una prevalenza di aziende di medie e piccole dimensioni, talvolta con struttura leggera, le imprese del settore food sono inserite per lo più in filiere naturalmente esigenti sulle tematiche di sostenibilità.
Grazie all’ingaggio dell’impresa capofiliera, che deve normalmente rispondere alle richieste dei sistemi di grande distribuzione e redigere il proprio bilancio CSRD, tutti gli attori della value chain stanno progressivamente maturando una buona cultura ESG, una sensibilità crescente verso la rendicontazione volontaria e la capacità di tenere alto lo sguardo verso obiettivi di transizione del medio lungo termine.
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