Innovazione e tecnologia: il futuro del Made in Italy




Il futuro del Made in Italy risiede nell’innovazione e nella tecnologia, elementi chiave per mantenere la nostra competitività a livello globale. Questo implica che il Made in Italy non può essere solo un’icona estetica, ma deve affermarsi con prodotti ad alto contenuto tecnologico, per rispondere alle nuove richieste del mercato. I protagonisti dell’innovazione e della transizione a un futuro in cui crescita economica e sostenibilità coesistono ne discutono a Verona, nell’ambito dell’evento organizzato da Il Giornale in collaborazione con il settimanale Moneta. Sul palco Claudio Destro (ad di Maccarese Spa), Anna Carbonelli (responsabile Solutions Imprese Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo), Domenico De Angelis (condirettore Generale Chief Business Officer Banco BPM). A condurre e moderare il confronto, il giornalista Andrea Ruggieri.

L’innovazione – esordisce Carbonelli – “avviene seguendo la transizione ditale ed energetica. Su alcune tematiche come l’agricoltura, come banca abbiamo una divisione dedicata, che passa attraverso dei nostri colleghi specialisti che parlano lo stesso linguaggio dell’imprenditore. Affianchiamo gli imprenditori nella crescita e abbiamo la consapevolezza che nell’agrifood le filiere non sono tutte uguali e bisogna essere pertanto molto competenti. L’innovazione è un fattore per noi centrale, vogliamo avere un ruolo nel rafforzamento delle filiere, che spesso sono frammentate”.

De Angelis: “In questo periodo di grande sussulto nel mondo bancario stiamo tutti ritornando al contatto con i clienti. L’imprenditore cerca qualità, competenza. Arrivo da un giro molto importante dell’Italia nel quale ho incontrato molte persone. Oggi il Made in Italy che crea ricchezza è in un’evoluzione pazzesca: ci sono distretti che hanno puntato su un lusso ordinario. Vedo meno importanza del marchio e più importanza della qualità in sé e così vedo il mondo del made in Italy che va in due direzioni: la ricerca del vero assoluto, il premium level, e una nuova opportunità per chi ha un prodotto ordinario ma di forte qualità”. E ancora: “Generare figure che capiscano di business e siano interventisti è molto difficile, anche perché questo interventismo deve includere competenze internazionali e fiscali. Il mondo bancario ha una sfida: quello di trovare queste competenze non tanto a livello centrale, a Milano o Roma, ma sui territori a contatto con il tessuto locale e gli imprenditori”.

Maccarese: “La nostra realtà agricola nasce da una storia di bonifica, grazie a una intuizione di Luciano Benetton abbiamo un archivio nel quale sono racchiusi oltre 100 anni di storia. Noi siamo identitari con la comunità. Il capitale umano per Maccareste è sempre stato importante; in ogni bilancio, anche del passato, vi era traccia di questo. Spiegare perché il cibo italiano è preferbile è importante: noi ad esempio raccogliamo le nostre mandorle con una tecnica differente da quella californiana, che le aspira quando sono già a terra. Dobbiamo sostenere l’agricoltore perché produca qualcosa di distintivo e si differenzi dalla concorrenza”. Poi, sul tema della digitalizzazione: “Anche nel nostro campo è fondamentale, noi nel 2000 abbiamo dato il via alla formazione dei giovani, che poi possano usare da noi o in altre realtà quanto hanno appreso, portando anche nuove tecnologie e competenze”. La sostenibilità ambientale? “C’è sempre stata nelle aziende, l’abbiamo sempre praticata, così come quella sociale”.

Carbonelli rimarca la vicinanza di Intesa Sanpaolo alle micro e medie imprese. “Sono realtà molto sensibili all’innovazione, che consente loro un alleggerimento delle pratiche burocratiche e le apre all’e-commerce. L’IA? A volte suggeriamo noi alcune realtà che possono affiancare l’imprenditore e le aziende. Con l’imprenditore abbiamo una profonda conoscenza, prima ancora di arrivare all’investimento”.

Parola di nuovo a De Angelis:”Abbiamo fatto diventare la sostenibilità un obbligo, un’imposizione, quando invece è una scelta precisa per ottenere valore. Allo stesso modo, oggi tante banche si definiscono vicine alle pmi, ma la verità è che solo alcune realtà come la nostra sono sempre state vicine a quel mondo, mentre altri non hanno caratteristiche tali per essere banche a maglie strette, vicine al territorio. Una banca italiana deve comprare e vendere soldi dagli italiani.

Per me i miei clienti e i mei uomini solo al centro: perché i giovani di oggi chiedono solo alcuni tipi di aziende? Perché sono deboli i giovani o perché abbiamo aziende troppo speculative che non creano valore? Oggi in agricoltura ci sono spazi enormi di crescita, ma deve tornare il valore tra qualità e prezzo”.

Carbonelli conclude con una nota di ottimismo: “In Italia siamo i più bravi a innovare”.



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