Nel 2024, essenzialmente come conseguenza diretta dei conflitti, la fame ha colpito un numero record di 295,3 milioni di persone in condizione di malnutrizione acuta in 53 paesi, Gaza, Sudan e Myanmar in testa. Per il sesto anno consecutivo, la situazione alimentare dell’umanità è peggiorata, come evidenziato dal Rapporto Globale sulle Crisi Alimentari, pubblicato dal Global Network Against Food Crises, costituito da Unione europea, Banca Mondiale, agenzie delle Nazioni Unite, e altre istituzioni.
La prospettiva per il 2025 è piuttosto “fosca”, sia per il protrarsi di alcune guerre che per il calo degli aiuti internazionali, trainato dai tagli Usa. Il peggioramento delle crisi in Sudan, Myanmar e Gaza ha oscurato miglioramenti osservati in Afghanistan e Kenya, hanno sottolineato gli autori del rapporto. Di questi 295,3 milioni di persone – il 22,6% della popolazione analizzata – 1,9 milioni erano sull’orlo della carestia, un livello mai visto dall’inizio della valutazione cominciata nel 2016. La maggior parte di queste popolazioni in situazioni estreme si trovava in Sudan e nella Striscia di Gaza, e in misura minore in Mali e Haiti.
“Stiamo parlando di un’estrema mancanza di cibo, di un completo esaurimento dei meccanismi di resistenza e sopravvivenza”, spiega Rein Paulsen, direttore dell’Ufficio Fao per le emergenze e la resilienza. “La fame e la malnutrizione si stanno diffondendo più velocemente della nostra capacità di risposta, mentre un terzo del cibo mondiale viene perso o sprecato”, ha sottolineato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nella prefazione al rapporto, esprimendo allarme per i “livelli record”. “Le vecchie crisi sono esacerbate da una più recente: la drastica riduzione dei finanziamenti umanitari. Questo è più di un fallimento dei sistemi: è un fallimento dell’umanità”, ha deplorato il numero uno dell’Onu. Lo scorso luglio, sono stati rilevati casi di carestia nel campo sudanese di Zamzam, in Darfur, una situazione che il mondo non vedeva dal 2020, osserva il rapporto. Successivamente, sono stati identificati casi in altre quattro aree del Paese, mentre l’Ipc, il principale sistema di monitoraggio in materia, ha lanciato l’allarme per il rischio di carestia a Gaza. Per il Territorio Palestinese, l’Ipc ha confermato la diagnosi di “rischio critico di carestia” per i prossimi mesi, dopo 19 mesi di guerra e due mesi di tagli agli aiuti internazionali.
Conflitti e violenze, spesso sinonimo di sfollamento della popolazione, sono stati infatti il fattore principale delle crisi alimentari del 2024, che hanno colpito 140 milioni di persone in 20 paesi. Altrove, in ben 18 paesi, eventi meteorologici estremi alimentati dal riscaldamento globale hanno causato disastri agricoli: siccità nell’Africa meridionale, inondazioni in Bangladesh e Nigeria.
Per il 2025, il rapporto avverte: scontri più intensi, tensioni geopolitiche più forti, incertezza economica globale e tagli ai finanziamenti per gli aiuti stanno “già aumentando l’insicurezza alimentare in alcuni paesi”, dalla Repubblica Democratica del Congo ad Haiti. Mette inoltre in guardia contro gli “shock economici” – dazi doganali più elevati, un dollaro indebolito – che potrebbero far esplodere i prezzi dei prodotti alimentari e interrompere le catene di approvvigionamento. Allo stesso tempo, i finanziamenti per gli aiuti generali stanno diminuendo, in particolare con il ritiro degli Stati Uniti, in precedenza il principale donatore, all’inizio del 2025.
Le operazioni sono già compromesse in Afghanistan, Etiopia, Haiti e Yemen. I finanziamenti per l’azione umanitaria legata al cibo potrebbero essere ridotti del 45%, avverte il rapporto, e gli aiuti ricevuti da almeno 14 milioni di bambini sono “a rischio”, “esponendoli al rischio di grave malnutrizione e morte”. “Di fronte a questi tagli drastici, dobbiamo individuare le azioni più efficaci, sottolinea Paulsen della Fao, che chiede un sostegno ancora maggiore all’agricoltura.
Il funzionario Onu cita i progressi compiuti in Afghanistan: otto milioni di persone in meno in condizioni di insicurezza alimentare in tre anni. “Uno dei motivi è l’assistenza fornita agli agricoltori per consentire loro di produrre”, mentre “normalmente solo il 3% degli aiuti alimentari viene destinato a interventi agricoli di emergenza”. “L’agricoltura costa quattro volte meno di altre forme di aiuto alimentare”, argomenta Paulsen, ma soprattutto, “la pace è un prerequisito”, concludendo che “il diritto al cibo è un diritto umano fondamentale”. (AGI)
VQV
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